Abantu si occupa di interventi di mediazione linguistico-culturale e inter-culturale dal 2013, considerando l’intercultura come incontro, scambio, relazione, restituzione di valore alla persona e alla sua identità. Nella sua visione, il prefisso “inter” enfatizza gli spazi di riconoscimento soggettivo, reciprocità e cambiamento. Le forme di mediazione previste da questo modello servono sia a descrivere le differenze culturali sia a migliorare e mantenere le relazioni tra persone diverse tra loro.
La mediazione interviene come facilitazione dialogica, quale dispositivo che colma le distanze, previene le incomprensioni connesse alla comunicazione e alle differenze culturali. Inoltre, la mediazione ha la funzione di sostenere e accompagnare l’accesso ai Servizi alla Persona e la loro fruizione, di rendere più efficaci le modalità e i progetti di inclusione e di costruire percorsi e progetti d’integrazione e scambio interculturale.
I mediatori e le mediatrici che collaborano con la cooperativa Abantu sono circa 100 per un totale di circa 76 lingue coperte: albanese, amarico, arabo classico, arabo sirano, armeno, ashanti, azeroh, balante, bambara, bangla, baralaka, beni, bissa, bosniaco, cinese, cingalese, creolo, croato, curdo kurmangi, curdo sorani, dari, dialetti arabofoni del Nord Africa, djerma, djoula, fante, farsi, francese, fula, gounrounsi, greco, gun, hausa, hindi, igbo, inglese, inglese pidgin, kassonke, koiaka, koniankè, kotokoli, krio, lingala, mahouka, malimke, malinka, malinke, mandingo, mandinka, moldavo, montenegrino, morè, odienaka, pashtu, portoghese, poular, punjubi, rumeno, russo, serbo, somalo, songhai, soninke, sousou, spagnolo, swahili, tamazeght, tamil, tedesco, tigrino, tuareg, turco, twi, ucraino, uhrobo, urdu, wolof, yoruba.
I mediatori e le mediatrici hanno formazioni pregresse non omogenee, ma sono accomunati/e da un coinvolgimento pluriennale nei progetti di supporto all’inserimento socio-culturale di migranti e nell’accoglienza dei/lle richiedenti e titolari di protezione internazionale; la maggior parte di loro ha lavorato sia nel programma di accoglienza SAI – Sistema Accoglienza e Integrazione del Comune di Bologna (precedentemente denominato progetto SPRAR e poi SIPROIMI), sia nei Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS).
Un ristretto gruppo di mediatori/rici, circa un terzo del totale, ha maturato anche esperienza nel servizio di mediazione linguistica a sostegno delle Commissioni Territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale.